All posts by Comma22

Comma 22 partecipa alla Fun Run – Stracittadina di Roma domenica 8 aprile 2018
Comma 22 onlus partecipa alla Fun Run Stracittadina di Roma domenica 8 aprile 2018 con l’iniziativa “Corri per i tuoi diritti”.
La Fun Run – Stracittadina di Roma, è una corsa non competitiva di 5 km con partenza dai Fori Imperiali, subito dopo il via della Maratona di 42 km, e con arrivo al Circo Massimo.
Per partecipare alla Fun Run è necessario iscriversi, acquistando il kit del partecipante il cui costo è di 12 euro se ti iscrivi tramite l’associazione di volontariato Comma 22 onlus; di questi, 6 euro vanno all’organizzazione della Stracittadina, mentre 6 euro vanno all’associazione per sostenere le attività e le cause di Comma 22 onlus.
Al Circo Massimo, luogo di arrivo della Stracittadina, Comma 22 onlus sarà presente con uno stand. I volontari impegnati nelle attività di Comma 22 saranno a disposizione dei visitatori per fornire informazioni e chiarimenti sui rapporti tra i cittadini e la pubblica amministrazione. Chi volesse sottoporre già quesiti e dubbi, potrà scrivere al nostro indirizzo di posta elettronica mail@comma22.it.
Comma 22 risponderà alle email oppure presso lo stand al Circo Massimo.
Per iscriverti alla Stracittadina di domenica 8 aprile clicca qui
Scritto da: Comma22A due anni dal lancio SPID si conferma un flop, ma diventa obbligatorio
Due anni fa, l’otto marzo del 2016, veniva lanciato con una conferenza stampa lo SPID, il Sistema Pubblico di gestione dell’Identità Digitale.
Nella conferenza stampa la ministra Madia prometteva un bilancio dell’operazione entro due anni dall’Italian Digital Day: promessa non mantenuta, il bilancio non è mai stato fatto.
A testimoniare il fallimento dell’operazione, ci sono i numeri: 2.244.885 credenziali SPID erogate a oggi dai fornitori, la maggior parte delle quali richieste perché indispensabili per accedere ai 500 euro per i diciottenni e per i docenti, a fronte di un obiettivo di 10 milioni di credenziali entro il 2017.
Per avere una conferma di quanto SPID sia scarsamente appetibile per i cittadini, anche quest’anno abbiamo chiesto al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che consente l’iscrizione alle classi prime delle scuole primarie e secondarie di primo e di secondo grado esclusivamente attraverso una procedura on line, i dati disaggregati di quanti genitori hanno utilizzato le credenziali SPID e di quanti hanno utilizzato le credenziali rilasciate dal MIUR.
Questi sono i dati forniti dal MIUR:
– 40.714 domande di iscrizione inserite tramite SPID;
– 238.887 domande di iscrizione inserite tramite credenziali già in possesso di utenti del portale MIUR;
– 775.671 domande inserite da utenti registratisi sulla procedura on line con le credenziali rilasciate dal MIUR.
La percentuale di utenti che ha utilizzato SPID passa dal 3,1% del 2017 al 3,9% del 2018, la stragrande maggioranza di cittadini, nonostante la nuova campagna pubblicitaria su SPID, ha preferito la semplicità dell’iscrizione al portale del MIUR.
Nonostante l’evidente bocciatura da parte dei cittadini, nell’ultima versione del CAD – Codice dell’Amministrazione Digitale (decreto legislativo 13 dicembre 2017, n. 217), è stata inserita una norma[1] che demanda a un semplice decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione la facoltà di rendere SPID unico strumento di accesso ai servizi online delle pubbliche amministrazioni: questo renderebbe inutili le credenziali – rilasciate gratuitamente – già utilizzate da 13 milioni di utenti INPS, da 7 milioni di utenti fisconline, da svariati milioni di utenti dei servizi on line degli enti locali e delle altre pubbliche amministrazioni, che sarebbero costretti a richiedere le credenziali SPID, destinate, inoltre, a diventare a pagamento.
Sembra che gli sbandierati proclami sulla centralità del cittadino debbano valere solo quando le preferenze dei cittadini non siano in contrasto con progetti incomprensibilmente portati avanti contro ogni logica, nel qual caso il cittadino torna immediatamente a essere un suddito al quale imporre i più astrusi adempimenti.
[1] Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82 – Art. 64 Sistema pubblico per la gestione delle identità digitali e modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni
Comma 3-bis. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, è stabilita la data a decorrere dalla quale i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, utilizzano esclusivamente le identità digitali ai fini dell’identificazione degli utenti dei propri servizi on-line.
Semplice come Peppe: pubblicità ingannevole dello SPID
https://www.youtube.com/watch?v=YnsGhBLky6M
“Peppe è una persona semplice: oltre al lavoro, gli piace sorridere, passeggiare e impiegare il suo tempo libero dedicandosi alle sue passioni. Tra queste, non c’è sicuramente fare la fila alle poste, o al comune, e neanche fare i lavori di casa (attività in cui è terribilmente negato). Per fortuna, ora grazie alla riforma della Pubblica Amministrazione può semplificarsi la vita.”
Così viene presentato il primo episodio di una campagna pubblicitaria sugli effetti della riforma della pubblica amministrazione varata dalla ministra Madia: quello che colpisce subito è la rappresentazione del cittadino/utente della pubblica amministrazione come uno imbambolato che si guarda intorno alla ricerca di soluzioni, guardando verso l’alto (le aspetta dal cielo). A dare la dimensione di presa in giro è poi la scelta dell’oggetto della prima puntata, lo SPID, proprio l’elemento che più ha le dimensioni del fallimento rispetto agli obiettivi annunciati al momento del lancio: a oggi due milioni di credenziali erogate a fronte dei dieci milioni di obiettivo da raggiungere entro il 2017.
Per misurare la distanza da ciò che è semplice, basti guardare uno dei tutorial più diffusi in rete su Come ottenere l’identità digitale SPID con POSTE ID , che dura più di nove minuti, solo per illustrare la prima parte della procedura per ottenere le credenziali, quella che si svolge on line; perché poi c’è una seconda parte che va svolta di persona presso un ufficio postale. Impagabile il tutorial, che recita: “poi vi recate direttamente all’ufficio postale per prendere un appuntamento e, se siete fortunati, magari potete concludere immediatamente”.
Completamente falso poi il contenuto del messaggio, che fa sembrare che solo ora e grazie a SPID sia possibile, per Peppe, fare le cose che deve fare evitando le file:
– passare in tabaccheria per pagare il bollo dell’auto: sono almeno sei anni che è possibile pagare il bollo auto on line, tramite il sito dell’ACI bollonet, senza bisogno di credenziali, basta che puoi pagare on line;
– passare a scuola per iscrivere sua figlia: le iscrizioni non si fanno più a scuola, ma solo on line, basta registrarsi sul sito del MIUR;
– passare in un CAF per presentare il 730: nel 2017 sono state presentati due milioni e mezzo di 730 precompilati senza passare per i CAF da contribuenti che hanno utilizzato in massima parte le credenziali rilasciate dall’INPS e dall’Agenzia delle Entrate.
Stupisce tanto accanimento e spreco di risorse (quanto costa questa ennesima campagna pubblicitaria?) su un progetto destinato al fallimento.
Codice dell’amministrazione digitale: le osservazioni dell’associazione Comma 22 sullo schema di decreto legislativo
Cogliendo l’occasione offerta dalla consultazione pubblica sullo schema di decreto legislativo di modifica e integrazione del codice dell’amministrazione digitale (CAD, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n 82), attivata dal relatore della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, on. Paolo Coppola, l’associazione Comma 22 è intervenuta formulando le proprie osservazioni sul sito dell’Open Government Forum.
Il decreto legislativo in consultazione è l’ennesimo intervento sul codice dell’amministrazione digitale (siamo alla sesta versione) in attuazione da ultimo della legge delega 124 del 2015, che lo aveva ribattezzato “Carta della cittadinanza digitale”.
Le osservazioni riguardano due tematiche che più rischiano di impattare sui diritti dei cittadini:
- la possibile obbligatorietà dello SPID per l’accesso ai servizi on line delle pubbliche amministrazioni;
- l’abrogazione della figura del difensore civico digitale, appena creato e già cancellato.
L’associazione non è intervenuta sulla reale utilità di megagalattici progetti quali:
- l’ennesima riscrittura delle norme relative al domicilio digitale, in un paese dove l’INPS, che detiene gli indirizzi di posta elettronica di quasi venti milioni di utenti, invia le comunicazioni esclusivamente per posta ordinaria e non risponde neppure ai messaggi di posta elettronica certificata;
- l’ennesima riproposizione del punto unico di accesso ai siti web delle pubbliche amministrazioni;
- la creazione di un servizio unico di indicizzazione e ricerca documentale di tutti i documenti soggetti a registrazione di protocollo di tutte le pubbliche amministrazioni.
SPID
Art. 52 dello schema di decreto legislativo (Modifiche alla Sezione III, Capo V, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82):
La rubrica della Sezione III, Capo V, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è sostituita dalla seguente: “Identità digitali e istanze”.
Osservazioni dell’associazione Comma 22 onlus
La modifica della rubrica della Sezione III, Capo V, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, (“servizi in rete”) che viene rinominata: “Identità digitali e istanze”, è contraddittoria con il contenuto dell’art. 64, (Sistema pubblico per la gestione delle identità digitali e modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni). Com’è noto infatti, SPID costituisce solo uno strumento di gestione dell’identità digitale, il solo che può essere affidato a soggetti privati. La nuova formulazione rende ancora più stridente il contrasto con le identità digitali attribuite dalle pubbliche amministrazioni (CIE e CNS), nella rubrica della sezione IV – Carte elettroniche, nonostante queste ultime costituiscano requisito per elevare al livello 3° il grado di sicurezza di SPID.
Art. 53 dello schema di decreto legislativo (Modifiche all’articolo 64 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82):
All’articolo 64 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, sono apportate le seguenti modificazioni:
f) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente: “3-bis. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, è stabilità la data a decorrere dalla quale i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, utilizzano esclusivamente le identità digitali ai fini dell’identificazione degli utenti dei propri servizi on-line.”.
Osservazioni dell’associazione Comma 22 onlus
Il comma 3-bis aggiunto all’art. 64 delega al Governo la possibilità di decidere il passaggio all’utilizzo esclusivo di SPID, senza alcun obbligo di acquisire pareri e valutazioni degli effetti sulla cittadinanza di un eventuale utilizzo obbligatorio di SPID, sia dal punto vista economico, essendo SPID un servizio potenzialmente a pagamento, sia dal punto di vista dei rischi di escludere dall’accesso ai servizi on line la popolazione che già attualmente ne usufruisce (20 milioni di credenziali INPS, quasi 10 milioni di credenziali Entratel, senza contare le credenziali attribuite dagli Enti Locali, a fronte delle attuali 1.800.000 credenziali SPID attribuite).
Difensore civico digitale
Art. 15 dello schema di decreto legislativo (Modifiche all’articolo 17 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82):
…
c) al comma 1-quater, i primi tre periodi sono sostituiti dai seguenti: “1- quater. É istituito presso l’AgID, con le ricorse strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, l’ufficio del difensore civico per il digitale, a cui è preposto un soggetto in possesso di adeguati requisiti di terzietà, autonomia e imparzialità. Chiunque può presentare al difensore civico per il digitale, attraverso apposita area presente sul sito istituzionale dell’AgID, segnalazioni relative a presunte violazioni del presente Codice e di ogni altra norma in materia di digitalizzazione ed innovazione della pubblica amministrazione da parte dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 2. Ricevuta la segnalazione, il difensore civico, se la ritiene fondata, invita il soggetto responsabile della violazione a porvi rimedio tempestivamente e comunque non oltre trenta giorni. Le segnalazioni ritenute fondate sono pubblicate in un’apposita area del sito Internet.
Testo attualmente vigente:
1-quater. Le pubbliche amministrazioni, fermo restando il numero complessivo degli uffici, individuano, di norma tra i dirigenti di ruolo in servizio, un difensore civico per il digitale in possesso di adeguati requisiti di terzietà, autonomia e imparzialità. Al difensore civico per il digitale chiunque può inviare segnalazioni e reclami relativi ad ogni presunta violazione del presente Codice e di ogni altra norma in materia di digitalizzazione ed innovazione della pubblica amministrazione. Se tali segnalazioni sono fondate, il difensore civico per il digitale invita l’ufficio responsabile della presunta violazione a porvi rimedio tempestivamente e comunque nel termine di trenta giorni. Il difensore segnala le inadempienze all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari.
Osservazioni dell’associazione Comma 22 onlus
La riscrittura dell’art. 17, comma 1-quater, costituisce nei fatti l’abrogazione della figura del “difensore civico per il digitale”, istituita con il decreto legislativo n. 179 del 26 agosto 2016: la centralizzazione in capo all’AGID di funzioni precedentemente attribuite a migliaia di pubbliche amministrazioni non può che essere intesa come cancellazione di tale figura, soprattutto se si osserva che l’unica sanzione prevista è la pubblicazione in un’apposita area del sito Internet dell’Agid delle segnalazioni ritenute fondate.
A proposito di inadempienze, andrebbe ricordato che la stessa AGID non ha ancora dato attuazione, dopo quasi un anno e mezzo dal varo della norma, a quanto previsto dall’art. 17, comma 1-quinquies: “AgID pubblica sul proprio sito una guida di riepilogo dei diritti di cittadinanza digitali previsti dal presente Codice.”
La carta d’identità elettronica: come scaricare costi e inefficienze sui cittadini
Da alcuni mesi, diversi Comuni (tra i quali Roma e Milano) hanno cominciato a distribuire ai cittadini ai quali è scaduta la carta d’identità, esclusivamente la “nuova” carta d’identità elettronica[1], che precedentemente era distribuita solo su richiesta. Anche in questi Comuni la carta d’identità cartacea continua ad essere consegnata, in tempo reale, solo nei casi di urgenza per viaggi, concorsi e altre situazioni di necessità. E questo è un evidente paradosso, se si considera che la digitalizzazione viene sbandierata come lo strumento per tagliare tempi e costi della pubblica amministrazione.
Altri Comuni (tra i quali Firenze e Bologna) distribuiscono alternativamente, sia la carta d’identità elettronica, sia quella cartacea.
Una parte residua di Comuni, ancora non partecipa al progetto e distribuisce esclusivamente la carta d’identità cartacea.
La prima questione che si pone è quella sull’obbligatorietà o meno del passaggio alla nuova carta d’identità elettronica. Quella attuale, varata nel 2015, è la terza versione; la prima, prevista dalle leggi Bassanini risale al 1997; la seconda risale al 2005, senza contare che dal 2011 al 2015 c’è stata una legge che ne prevedeva un’altra versione ancora, che unificava tessera sanitaria e carta d’identità elettronica, legge poi abrogata perché troppo razionale o forse poco conveniente per i gruppi di pressione che condizionano le politiche governative.
In realtà sono possibili scelte diversificate da Comune a Comune perché nessuna legge dice che è obbligatorio passare alla nuova carta d’identità elettronica: lo diceva una legge del 2005, che arrivava a fissare la data del passaggio al 1° gennaio 2006, ma si riferiva ad un’altra versione della carta d’identità elettronica. I Comuni che hanno deciso per l’obbligatorietà lo hanno fatto sulla base di una delle circolari del Ministero dell’Interno, anche queste contraddittorie, e che comunque non costituiscono norma di legge.
La questione dell’obbligatorietà ha rilevanza per altri due aspetti.
Il primo riguarda il costo, che viene fatto ricadere interamente sui cittadini: nonostante gli stanziamenti già presenti nel bilancio dello Stato, il costo della carta d’identità elettronica è esorbitante, pari a più di quattro volte il costo della carta d’identità cartacea (€ 22,21 a fronte di € 5,42). Eppure la norma del 2011, quella poi abrogata, prevedeva la gratuità del documento elettronico che avrebbe dovuto unificare tessera sanitaria e carta d’identità elettronica. Ci sono poi dei paradossi, come il raddoppio dei diritti di segreteria in caso di smarrimento, furto o deterioramento della carta d’identità di cui si chiede il duplicato, frutto di un’applicazione a casaccio del regolamento per l’applicazione del TULPS[2] , che prevede il raddoppio dei diritti di segreteria solo per il caso di smarrimento della carta d’identità, e prevede l’esenzione per chi stia in stato di povertà. Oppure la richiesta di portare esclusivamente la foto su supporto cartaceo: sarà poi scannerizzata dall’impiegato e inoltrata al Ministero dell’Interno. E la digitalizzazione? O ancora la richiesta del pagamento in contanti presso la cassa del Municipio (a Roma Capitale, non in un Comune sperduto) mentre si discute di introdurre l’obbligatorietà del bancomat per qualsiasi esercente.
Il secondo è quello dei tempi: laddove la carta d’identità elettronica è stata resa obbligatoria i tempi del rilascio si sono dilatati arrivando anche a superare i 90 gg, che sono il limite massimo previsto dalla legge 241 del 1990 per i procedimenti amministrativi. In alcuni municipi di Roma sul programma Tu Passi, da utilizzare per le prenotazioni, alla richiesta di appuntamento compare addirittura la risposta <nessuna data disponibile>. Non è possibile monitorare la situazione degli altri Comuni che utilizzano il programma di prenotazioni del Ministero dell’Interno, che consente la visura delle date disponibili al singolo utente registrato.
[1] Introdotta dall’art. 10 (Nuove disposizioni in materia di Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente e di carta d’identità elettronica) del decreto legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché’ norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali) convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 125.
[2] Regio Decreto 6 maggio 1940, n. 635 – Approvazione del regolamento per l’esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza.
Art. 291
La carta d’identità è esente da tassa di bollo.
All’atto del rilascio o del rinnovo, i Comuni sono autorizzati ad esigere oltre che i diritti di segreteria, di cui all’allegato n. 5 al regolamento per l’esecuzione della legge comunale e provinciale, un diritto non superiore a lire una esentandone le persone iscritte nell’elenco dei poveri.
In caso di smarrimento, il duplicato della carta d’identità è soggetto al pagamento di doppio diritto.
Scritto da: Comma22Vaccinazioni obbligatorie: questa volta il peso dell’inefficienza viene scaricato sui genitori
L’ondata di irrazionalità che ha colpito il nostro paese – il rifiuto dei vaccini, basato su illazioni e considerazioni “personali”, prive di scientificità – ha indotto il Governo, in piena estate, a reintrodurre l’obbligatorietà per dieci vaccinazioni (decreto legge del 7 giugno, n. 73, convertito in legge il 31 luglio, n. 119, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 5 agosto).
Tuttavia, a prescindere dall’importanza della decisione, ciò che emerge, ancora una volta, è la scelta del Governo di scaricare sui cittadini l’onere di dimostrare l’adempimento. Il decreto prevede che l’effettuazione delle vaccinazioni costituisca requisito per l’accesso alle scuole per l’infanzia (vale a dire che in caso di inadempienza i bambini non saranno ammessi alle scuole), mentre, nel caso della scuola dell’obbligo, in caso di inadempimento i genitori saranno sanzionati con una multa da 100 a 500 euro: ma starà ai cittadini, in questo caso i genitori, obbligati alla presentazione di idonea documentazione entro l’11 settembre per la scuola dell’infanzia ed entro il 31 ottobre per la scuola dell’obbligo, dimostrare che le vaccinazioni obbligatorie sono state effettuate; entro le stesse date, i genitori possono presentare una dichiarazione a titolo di autocertificazione (decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445), questa non esime i genitori dal dover comunque presentare l’idonea documentazione, ma permette solo di rinviarne la presentazione al 10 marzo 2018.
Eppure sono quasi trent’anni, dalla legge 241 del 1990, art. 18, che è stato sancito il principio che le pubbliche amministrazioni devono dialogare tra di loro, scambiarsi le informazioni di cui sono già in possesso, invece di utilizzare il cittadino per trasmetterle da un ufficio all’altro: ma alla ennesima occasione, con la scusa dell’urgenza, non si esita a scaricare sui cittadini l’onere di andare a reperire le stesse informazioni che sono disponibili presso le ASL, archiviate digitalmente.
E tutto questo mentre il Consiglio dei Ministri di venerdì 8 settembre approva la sesta versione del Codice dell’Amministrazione Digitale, ribattezzato per l’occasione “Carta della cittadinanza digitale”.
Come se ciò non bastasse, nei vari modelli di autocertificazione presenti sui siti web delle varie pubbliche amministrazioni, c’è il richiamo alle sanzioni penali previste dall’art. 76 del testo unico n. 445/2000, in caso di esibizione di atti contenenti dati non rispondenti a verità: come a dire che se ti sbagli a dichiarare qualcosa che, nel caso della scuola dell’obbligo, potrebbe costarti una multa fino a 500 euro, rischi fino a due anni di reclusione.
E se i cittadini cominciassero a rispondere: “Preferirei di no”, come lo scrivano Bartleby nel racconto di Melville, pretendendo il rispetto dei propri diritti di fronte alle cervellotiche richieste della pubblica amministrazione?
Si dà fuoco nella sede dell’INPS perché le negano l’indennità di disoccupazione: tutto in regola per l’INPS
Non merita la prima pagina la notizia del tentato suicidio di una disoccupata che si è data fuoco nella sede dell’Inps di Torino Nord, esasperata dal trattamento ricevuto dall’ente previdenziale: solo un occhiello sulla Stampa, Il Fatto Quotidiano e il Manifesto, relegata in cronaca dagli altri giornali. Licenziata il 13 gennaio scorso, solo il 26 giugno aveva ricevuto parte dell’indennità mensile di giugno, rifiutatale per il periodo dal 14 gennaio al 31 maggio.
Un comunicato stampa dell’INPS liquida la vicenda come ordinaria amministrazione: la signora al momento del licenziamento era in malattia e, benché alla data di presentazione della domanda (24 gennaio) non fosse più coperta dal certificato di malattia, avrebbe dovuto allegare alla domanda un certificato che attestasse “il riacquisto della capacità lavorativa”; tale certificato è stato presentato dalla signora il 26 maggio e pertanto l’INPS ha negato il diritto all’indennità di disoccupazione per il periodo dal 13 gennaio al 31 maggio ed ha proceduto il 26 giugno (un altro mese dopo!) al pagamento dell’indennità spettante per i primi quindici giorni di giugno. Fine della storia per l’INPS, tutta colpa dell’utente.
Il comunicato evita di spiegare come mai il certificato “è stato richiesto il 27/04/2017 dall’agenzia Inps di Torino Nord”, vale a dire più di tre mesi dopo la presentazione della domanda, e anche come è stato richiesto: forse non tutti sanno che l’INPS, che impone agli utenti di inviare tutte le domande esclusivamente per via telematica, poi risponde agli utenti per posta ordinaria.
Eppure la legge (312 del 1980), in assenza di un termine per il procedimento individuato dall’INPS, impone alle pubbliche amministrazioni un termine di trenta giorni per la conclusione del procedimento; e prevede che, in caso di ritardo, l’utente abbia diritto al risarcimento dei danni. Come tante altre pubbliche amministrazioni, delle leggi che tutelano i cittadini l’istituto previdenziale non si cura e con un comunicato come questo l’INPS riesce a trasmettere la sensazione che la colpa sia dell’utente, che nel compilare la domanda non ha rispettato “la normativa vigente”.
Disegno di legge sulla concorrenza, via libera alle chiamate selvagge
Anziché tutelare gli utenti dalle telefonate che propongono contratti a distanza a qualsiasi ora, il disegno di legge sulla concorrenza appena approvato dal Senato travolge anche il registro delle opposizioni, peraltro limitato ai numeri di telefonia fissa, già sostanzialmente ignorato dalle compagnie telefoniche e dell’energia: d’ora in poi, sarà lecito contattare anche chi ha dichiarato la propria opposizione e c’è da attendersi ora una valanga di chiamate anche sui cellulari.
Quello che segue è il testo dell’art. 1, comma 44, del disegno di legge 2085 approvato dal Senato il 3 maggio scorso con un voto di fiducia:
44. All’articolo 130 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:
«4-bis. Gli operatori e i soggetti terzi che stabiliscono, con chiamate vocali effettuate con addetti, un contatto anche non sollecitato con l’abbonato a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale hanno l’obbligo di comunicare all’esordio della conversazione i seguenti dati:
- a) gli elementi di identificazione univoca del soggetto per conto del quale il contatto avviene;
- b) l’indicazione dello scopo commerciale o promozionale del contatto.
4-ter. Il contatto è consentito solo se l’abbonato destinatario della chiamata, a seguito della comunicazione di cui al comma 4-bis, presta un esplicito consenso al proseguimento della conversazione».
Lo stesso Garante della privacy ha ritenuto necessario esprimere con un comunicato sconcerto e preoccupazione per la liberalizzazione del fenomeno del telemarketing selvaggio, motivato anche dal fatto che al Senato è ferma un’altra proposta di legge che punta invece a rafforzare il registro delle opposizioni, prevedendo anche la possibilità di inserirvi i numeri dei cellulari.
Scritto da: Comma22Il tuo 5 per 1000 a Comma 22 per difendere i tuoi diritti
Per aiutarci a difendere i tuoi diritti dagli abusi della pubblica amministrazione e dei gestori di servizi pubblici, puoi destinare il cinque per mille dell’Irpef all’associazione Comma 22 onlus: non ti costa nulla, devi solo compilare il modello 730-1, oppure le analoghe schede per la destinazione del cinque per mille allegate al modello redditi persone fisiche o alla certificazione unica, per tutti coloro che sono dispensati dall’obbligo di presentare la dichiarazione.
Per destinare il tuo 5 per 1000 a Comma 22 onlus:
- compila la scheda per la destinazione del 5 per mille;
- firma nel riquadro indicato come “Sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale, …“;
- indica nel riquadro il codice fiscale di Comma 22 onlus: 97882570589.
Il sito dell’INPS: a proposito di usabilità
A partire dal 2013 l’INPS, prima pubblica amministrazione, consente la presentazione di domande solo tramite web; ci si aspetterebbe quindi un livello di efficienza del sistema particolarmente elevato.
Eppure, il malcapitato utente che cerchi di compilare da sé la domanda – pensione, ricongiunzione, prestito, o altro – dopo essere finalmente riuscito a raggiungere il tasto <Compila la domanda>, vede comparire, anziché l’atteso modulo da riempire, questa schermata:
Please wait…
If this message is not eventually replaced by the proper contents of the document, your PDF viewer may not be able to display this type of document.
You can upgrade to the latest version of Adobe Reader for Windows®, Mac, or Linux® by visiting http://www.adobe.com/products/acrobat/readstep2.html.
For more assistance with Adobe Reader visit http://www.adobe.com/support/products/acrreader.html.
Windows is either a registered trademark or a trademark of Microsoft Corporation in the United States and/or other countries. Mac is a trademark of Apple Inc., registered in the United States and other countries. Linux is the registered trademark of Linus Torvalds in the U.S. and other countries.
Se l’utente mastica un po’ di inglese, prova a seguire l’indicazione di aggiornare Adobe Reader, cliccando sul link, per scoprire, dopo qualche passaggio, nella stragrande maggioranza dei casi, che la versione più recente di Adobe Reader è già installata.
Se l’utente continua a cercare una soluzione al problema, riesce a trovare la pagina
Come verificare il proprio pc e risolvere le problematiche più comuni vers. 2
Quest’ultimo è un file pdf (!), di sette pagine, solo il “sommario” è questo:
- Verificare le impostazioni del proprio pc prima di compilare la domanda
1.1 Come aggiornare Adobe e i browser
1.2 Come disabilitare i lettori pdf integrati di Chrome e Firefox
1.2.1 Chrome
1.2.2 Firefox
1.3 Ulteriori raccomandazioni
- Problemi noti
2.1 Come attivare Visualizzazione Compatibilità in Internet Explorer
2.1.1 Metodo 1: Attivare Visualizzazione Compatibilità per un solo sito
2.1.2 Metodo 2: Attivare Visualizzazione Compatibilità per tutti i siti
Impagabile, tra le <ulteriori raccomandazioni>, il seguente avviso:
Attenzione! Per la compilazione è necessario che le funzionalità javascript del proprio browser siano correttamente abilitate
dove è lasciato alle conoscenze dell’utente capire come abilitare correttamente le funzionalità javascript!
Se si cercano risposte negli uffici dell’INPS, si viene indirizzati ai patronati, se si chiede al contact center, le risposte sono le più disparate e fantasiose, a seconda dell’operatore che risponde:
– “è un problema temporaneo, riprovi tra mezz’ora”
– “deve avere l’ultima versione di Internet Explorer”
e così via…
Un’ultima osservazione: il file per risolvere le problematiche più comuni è del 2013, vuol dire che il malfunzionamento del sistema è stato semplicemente scaricato sul cittadino che vorrebbe utilizzare la telematica: poi non ci si può meravigliare se i dati Eurostat 2016 dicono che siamo agli ultimi posti nell’utilizzo del web nei rapporti con la pubblica amministrazione.
Scritto da: Comma22Copyright 2025 Comma22 | All Rights Reserved - Privacy-policy