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Appena è diventato obbligatorio, lo SPID diventa anche a pagamento
È passato solo un mese dalla dismissione delle credenziali di accesso diverse da SPID, CIE e CNS da parte delle pubbliche amministrazioni (PIN INPS, Fisconline Agenzia delle Entrate, etc.). Questo cambiamento ha tagliato fuori dai servizi online milioni di pensionati e contribuenti, facendo diventare lo SPID praticamente obbligatorio per accedere alla maggior parte dei servizi on line delle pubbliche amministrazioni.
Dal 1° novembre Poste Spa richiede il pagamento di un importo di 12 euro per l’identificazione presso i propri sportelli per il rilascio delle credenziali SPID.
Diventa così una beffa l’affermazione che ancora campeggia sul sito AGID: SPID sarà gratuito per sempre
Certo AGID e Poste Spa giocano sul fatto che formalmente il rilascio delle credenziali SPID è gratuito, fingendo di ignorare che il riconoscimento allo sportello è la modalità di identificazione più diffusa nella popolazione, e non è un optional, ma è indispensabile per ottenere il rilascio delle credenziali; ricordiamo che Poste Spa copre l’80% del mercato delle credenziali SPID.
In questa maniera Poste Spa elude l’impegno a mantenere gratuito SPID e AGID regge il gioco sulle spalle dei cittadini, costretti non solo a procedure farraginose e cervellotiche per ottenere l’accesso a servizi cui hanno diritto, ma anche a pagare per questo.
Curiosamente, non tanto, l’importo richiesto per il riconoscimento di persona è superiore all’importo richiesto per il rilascio di una postepay (10 euro), procedimento di certo di complessità uguale se non superiore alla sola identificazione. Così, magari, qualcuno che si rivolge allo sportello per ottenere l’identificazione, potrà vedersi offrire una postepay, ché costa meno…
L’associazione Comma 22 rivolge un appello alle associazioni dei consumatori e ai sindacati perché cessino queste vessazioni che pesano sui cittadini, in barba a tutte le chiacchiere sulla centralità del cittadino e sul contrasto al divario digitale.
Scritto da: Comma22Dal 1° ottobre milioni di utenti che non hanno SPID, CIE o CNS saranno esclusi dall’accesso ai servizi in rete delle pubbliche amministrazioni
Manca ormai solo una settimana allo <switch off>, allo <spegnimento> di tutte le credenziali di accesso ai servizi on line delle pubbliche amministrazioni diverse da SPID, CIE e CNS, rilasciate e ancora utilizzate da diversi milioni di utenti, in particolare dei servizi INPS e Agenzia delle Entrate.
Il Governo si era reso conto della scarsa diffusione delle credenziali di accesso tramite SPID e CIE in larghi strati della popolazione, a causa della inutile complessità delle procedure, in particolare tra gli anziani e tra quanti tuttora hanno difficoltà nell’utilizzo delle procedure informatiche. Ma, anziché intervenire per rendere maggiormente accessibili gli strumenti di identificazione degli utenti dei servizi in rete, ha scelto di introdurre, con il decreto semplificazioni 2021 (decreto legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito in legge 29 luglio 2021, n. 108), la possibilità di delegare ad altri l’accesso ai servizi stessi.
Come è consuetudine ormai da anni nel legiferare, la norma (che istituisce un Sistema di Gestione delle Deleghe) è di una farraginosità disarmante, motivo per cui, ovviamente, a due mesi di distanza dalla pubblicazione della norma, non è stato emanato il DPCM di attuazione (così come non sono stati emanati 22 dei 29 decreti attuativi previsti dal decreto legge semplificazioni 2021), sicché anche questa norma resta lettera morta.
Da parte loro i vertici dell’INPS, consapevoli della inattuabilità della norma e dei tempi stretti imposti dallo switch off, hanno ignorato la previsione inserita nel decreto legge semplificazioni 2021, ed hanno previsto una autonoma procedura di delega, con la circolare n. 127 del 12 agosto 2021.
Ma ancora una volta non vengono tenute in alcun conto le esigenze degli utenti, e così:
– la delega deve essere presentata di persona, su modulo cartaceo, agli sportelli INPS;
– anche gli invalidi al 100% devono presentare una <attestazione sanitaria prodotta da un medico del SSN attestante l’impossibilità del delegante a recarsi presso la Struttura INPS>;
– ma soprattutto, poiché agli sportelli INPS si accede solo prenotando un appuntamento, e gli appuntamenti risultano costantemente già prenotati per le due settimane successive, è praticamente impossibile presentare la delega.
In questa situazione, sarebbe necessaria come minimo una proroga della scadenza del 30 settembre per lo <switch off>.
Campagna vaccinazioni anti COVID-19: a Roma l’associazione Comma 22 offre assistenza ai cittadini per la prenotazione
La Regione Lazio è avanti nella campagna vaccinale anti COVID-19, ma restano ancora tante persone che non hanno avuto accesso alla vaccinazione attraverso la prenotazione online. Non sempre e non tutti hanno dimestichezza con l’informatica, in tanti non posseggono un pc o uno smartphone, alcuni non hanno parenti o amici che li possano assistere in questa incombenza.
Per questi motivi, l’Associazione Comma 22 ODV, assieme alle altre Associazioni assegnatarie dei locali della Casa del Municipio Roma VIII in via Barbana 57/59, ha avviato una iniziativa per offrire assistenza a chi ne ha bisogno: è sufficiente la Tessera Sanitaria, il codice fiscale e il numero di cellulare sul quale arriverà la conferma della prenotazione da parte della Regione.
Scritto da: Comma22DONA IL 5 PER 1000 A COMMA 22 PER DIFENDERE I TUOI DIRITTI
Per aiutarci a difendere i tuoi diritti dagli abusi della pubblica amministrazione e dei gestori di servizi pubblici, puoi destinare il cinque per mille dell’Irpef all’associazione Comma 22 odv: non ti costa nulla, devi solo compilare il modello 730-1, oppure le analoghe schede per la destinazione del cinque per mille allegate al modello redditi persone fisiche o alla certificazione unica, per tutti coloro che sono dispensati dall’obbligo di presentare la dichiarazione.
Per destinare il tuo 5 per 1000 a Comma 22 odv:
- compila la scheda per la destinazione del 5 per mille;
- firma nel riquadro indicato come “Sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale, …“;
- indica nel riquadro il codice fiscale di Comma 22 odv: 97882570589.
Un PNRR sommario sulla riforma della Pubblica Amministrazione. E la trasparenza diventa un problema
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dà particolare enfasi al tema delle riforme, e, in particolare, della riforma della Pubblica Amministrazione.
Il programma di riforma della Pubblica Amministrazione si muove su quattro assi principali:
- Accesso, per snellire e rendere più efficaci e mirate le procedure di selezione e favorire il ricambio generazionale;
- Buona amministrazione, per semplificare norme e procedure;
- Competenze, per allineare conoscenze e capacità organizzative alle nuove esigenze del mondo del lavoro e di una amministrazione moderna;
- Digitalizzazione, quale strumento trasversale per meglio realizzare queste riforme.
Vale la pena di rilevare che, mentre si stima che le misure in tema di accesso possano essere operative entro il 2021 (pag. 52), “lo sviluppo della pianificazione strategica dei fabbisogni per le principali amministrazioni è previsto a fine 2023”.
L’intervento che potenzialmente potrebbe essere più rilevante ai fini di una riforma della Pubblica Amministrazione è quello denominato “Buona amministrazione”.
Al riguardo viene riportato che “Il tavolo tecnico ha già deliberato una completa revisione di oltre 200 procedure segnalate e individuate come critiche dopo un’estesa consultazione degli stakeholder.
Questo primo ambito di procedure, scelte tra quelle di maggior impatto sulle attività delle imprese, costituisce un primo nucleo di sperimentazione per la riforma del rapporto tra amministrazioni e imprese e cittadini da applicare in modo sistematico su tutti i procedimenti, sia a livello centrale che a livello locale.” (pag. 53)
Riguardo ai tempi dell’intervento, si legge che “Le misure fast track saranno approvate nel 2021 con l’approvazione di un decreto legge a maggio 2021, contenente gli interventi urgenti di semplificazione, non solo a carattere trasversale, ma anche settoriale. Il lavoro di semplificazione e quello di riduzione degli oneri burocratici proseguirà, in modo progressivo e costante, fino al 2026, insieme all’azione sul miglioramento della performance amministrativa.” (pag. 55).
Ci sarà quindi modo di valutare a breve il contenuto effettivamente riformatore dell’intervento previsto.
Al di là della vaghezza e indeterminatezza delle previsioni in materia di riforma della Pubblica Amministrazione, suscita preoccupazione quanto affermato in materia di trasparenza nel paragrafo 2.1.5 Abrogazione e revisione di norme che alimentano la corruzione:
“Occorre evitare che alcune norme nate per contrastare la corruzione impongano alle amministrazioni pubbliche e a soggetti privati di rilevanza pubblica oneri e adempimenti troppo pesanti. È il caso delle disposizioni sulla trasparenza che prevedono – tra l’altro – obblighi di pubblicazione di numerosi atti, obblighi non sempre giustificati da effettive esigenze di conoscibilità dei cittadini e assai onerosi per gli uffici, soprattutto degli enti minori. È il caso, inoltre, delle norme che contemplano ben tre tipi di accesso ai documenti e alle informazioni amministrative. Un’unica piattaforma per la trasparenza amministrativa alleggerirà gli obblighi di pubblicazione delle varie amministrazioni su proprie piattaforme; un unico accesso alle informazioni pubbliche è idoneo ad avere evidenti effetti di semplificazione.”
Preoccupa che la trasparenza venga descritta come un più o meno inutile appesantimento dell’attività delle pubbliche amministrazioni, invece che un elemento indispensabile per un corretto rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione
Riguardo a tempi e modalità di attuazione dell’intervento, si afferma che “Un disegno di legge delega sarà presentato in Parlamento entro giugno 2021 per consentire una rapida approvazione dei decreti legislativi. Proposte di riforma ampiamente utilizzabili perché rispondenti agli obiettivi sopra delineati sono già state elaborate a opera di una Commissione Ministeriale presso il Dipartimento della Funzione Pubblica.”
Il riferimento è alla Commissione per lo snellimento delle procedure anticorruzione, insediata a Palazzo Vidoni nel 2019 dalla ministra Dadone, della quale non sono note le proposte.
Sembra quanto mai opportuno che le Associazioni della società civile che hanno proposto l’appello per la RIPARTENZA A PORTE APERTE| si attivino per ottenere quel confronto fin qui negato.
Scritto da: Comma22La pandemia e i cittadini: la trasparenza negata
La pandemia ha avuto l’effetto di amplificare il peso delle diseguaglianze sotto molti aspetti: il diritto alla salute, la condizione femminile, l’accesso alla didattica e all’istruzione, l’occupazione, il reddito e così via discorrendo.
Anche nel rapporto tra il cittadino e lo Stato, la condizione di subalternità è stata ulteriormente aggravata, evidenziando ancor di più la condizione di sudditanza nei confronti della pubblica amministrazione.
Non si tratta solo della gestione della pandemia, sulla quale chissà quando la magistratura riuscirà mai a fare chiarezza sulle responsabilità che hanno portato a decine di migliaia di morti, una parte delle quali potevano sicuramente essere evitate se determinate misure di contenimento fossero state prese tempestivamente[1].
L’aspetto sul quale si può più chiaramente misurare lo stato di sudditanza dei cittadini è quello della gestione del piano vaccinale, che, a partire dalla fine del mese di dicembre 2020, abbandonata ogni possibilità di testare e tracciare i contagi, è diventato l’unico obiettivo per il contenimento della pandemia: stiamo parlando della quasi totale assenza di trasparenza, tranne rare eccezioni (come ad esempio nel Lazio), dell’accesso alle vaccinazioni.
Nonostante il modello predisposto centralmente con la procedura informatica messa a disposizione da Poste Italiane prevedesse la possibilità di prenotare direttamente on line, la maggior parte delle Regioni ha scelto soluzioni che consentivano ai cittadini soltanto di comunicare la propria disponibilità alla vaccinazione alla struttura regionale, che avrebbe poi comunicato luoghi e tempi della vaccinazione stessa al cittadino[2], al quale non resta che aspettare la risposta; risposta che magari arriva troppo tardi[3].
Nell’assenza di trasparenza è stato possibile per le Regioni stravolgere le priorità pur indicate chiaramente nel piano strategico nazionale per la vaccinazione anti Covid 19 del 2 gennaio 2021[4], privilegiando categorie il cui accesso alla vaccinazione era previsto in fasi successive alla prima, ma anche far passare avanti persone che non avevano alcun diritto a essere vaccinate prioritariamente, come alcune inchieste stanno già verificando[5].
Ora, questo paese vanta ben tre leggi che regolamentano la trasparenza della pubblica amministrazione, che prevedono tre tipi di accesso, dalla legge 241 del 1990 al cosiddetto FOIA (Freedom Of Information Act): ciononostante, “il diritto del cittadino a conoscere l’iter di un atto, i tempi e i costi della sua esecuzione, è tuttora posto in una condizione di palese inferiorità, alla stregua di una curiosità molesta”[6].
E l’atteggiamento dei cittadini e della politica di fronte a questa evidenza dà la dimensione di quanta strada c’è ancora da fare per uscire dalla condizione di sudditi. L’associazione Comma 22 rivolge un appello alle associazioni dei cittadini, ai sindacati dei pensionati e dei lavoratori per mettere in campo iniziative per rendere effettivo il diritto alla trasparenza di tutte le pubbliche amministrazioni. Diritto alla trasparenza indispensabile per verificare che sia preservata “l’uguaglianza delle persone nell’esercizio del fondamentale diritto alla salute”[7].
[1] Si veda il saggio di Luca Ricolfi La notte delle ninfee. Come si malgoverna un’epidemia – La nave di Teseo, 2020
[2] Regione Campania: Adesione Vaccinazione
Regione Abruzzo: Manifestazione di interesse vaccinazione
Regione Sardegna: modalità di adesione
[3] https://www.adnkronos.com/airaudo-miei-genitori-morti-segnalati-da-un-mese-per-vaccino_7MynJmgyVGKXZPj9eSFSq3
[4] Fase 1:
– Operatori sanitari e sociosanitari;
– Ospiti lungodegenze;
– Persone ultraottantenni.
[5] https://www.lasiciliaweb.it/2021/04/14/vaccini-ai-parenti-dei-medici-inchiesta-ad-agrigento/
[6] Vitalba Azzollini, Noi e lo Stato Siamo ancora sudditi? IBLLibri, 2019
[7] Corte Costituzionale, sentenza n. 37 del 24 febbraio 2021
Scritto da: Comma22L’accesso ai servizi in rete delle pubbliche amministrazioni deve essere garantito a tutti cittadini
Dal primo marzo è entrato in vigore[1] l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di identificare i cittadini che accedono ai servizi in rete solo attraverso lo SPID , la carta di identità elettronica o la carta nazionale dei servizi. Per rendere effettivo questo obbligo, la norma introdotta dal decreto legge semplificazioni, stabilisce il divieto per le stesse pubbliche amministrazioni, di rilasciare o rinnovare credenziali <proprie> per l’accesso ai servizi: tra i primi a muoversi in questa direzione è stato l’INPS, che già dallo scorso mese di ottobre ha smesso di rilasciare ai propri utenti il PIN (peraltro utilizzato da qualche milione di utenti anche per l’accesso alla dichiarazione dei redditi precompilata dell’Agenzia delle Entrate).
Ora è superfluo rammentare come lo SPID sia stato bocciato dai cittadini che non lo hanno scelto quando hanno potuto utilizzare altri strumenti per l’accesso ai servizi in rete: i numeri stanno a testimoniare che per anni SPID è stato pompato solo dalla esclusività prevista per l’accesso alla miriade di bonus.
Quello che preoccupa è la perseveranza nel voler imporre uno strumento complicato, farraginoso e peraltro malfunzionante ogni volta che c’è stato uno picco di richieste: non è difficile immaginare il caos che si verrebbe a creare se le regioni applicassero la norma e consentissero la prenotazione on line della vaccinazione anti COVID solo a chi possiede SPID, o CIE o CNS! O il Ministero dell’Interno consentisse la prenotazione per il rilascio della carta d’identità elettronica, oppure il Ministero dell’Istruzione avesse consentito l’iscrizione a scuola online, con la procedura da poco conclusa, solo a chi possiede SPID, o CIE o CNS!
La scelta che viene imposta ai cittadini, peraltro falsamente portata avanti come strumento di semplificazione, porta alla esclusione dall’accesso ai servizi in rete di una parte, la più debole, della popolazione.
Ancora più grave è quando l’imposizione di determinati strumenti non solo esclude fasce della popolazione, ma non essendo previste modalità alternative all’accesso ai servizi in rete con gli strumenti previsti, di fatto viola il diritto ai servizi che le pubbliche amministrazioni debbono erogare.
Il caso più eclatante è ancora una volta quello dell’INPS: anche i sindacati dei pensionati hanno finalmente rivolto un appello al presidente dell’INPS Tridico perché sia garantito ai pensionati il diritto ad avere il proprio cedolino della pensione.
Così come andrebbe rispettato l’obbligo di legge alla consegna della certificazione unica al pensionato, entro il 16 marzo 2021: per questo l’associazione Comma 22 ODV chiederà all’Agenzia delle Entrate l’applicazione all’INPS delle sanzioni previste per il sostituto d’imposta che non proceda alla consegna prevista per legge.
[1] Decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito in legge 11 settembre 2020, n. 120, recante: «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale.».
Articolo 24, comma 4:
Ai fini dell’attuazione dell’articolo 64, comma 3-bis, secondo periodo, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, come modificato dal comma 1, lettera e), numero 6), dal 28 febbraio 2021, è fatto divieto ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a) del predetto decreto legislativo n. 82 del 2005 di rilasciare o rinnovare credenziali per l’identificazione e l’accesso dei cittadini ai propri servizi in rete, diverse da SPID, CIE o CNS, fermo restando l’utilizzo di quelle già rilasciate fino alla loro naturale scadenza e, comunque, non oltre il 30 settembre 2021.
Cashback di Stato: una montagna di euro buttati
Dopo molte incertezze, l’8 dicembre scorso, in piena pandemia, è partito il cashback di Stato, annunciato con spot che invitano all’uso della cosiddetta <moneta elettronica>, carte bancomat e carte di credito. Le incertezze erano dovute alla palese contraddizione tra l’esigenza di contenere gli spostamenti per contrastare la pandemia e l’incentivazione degli acquisti direttamente presso i negozi fisici.
Come già visto in altre occasioni, l’esordio è stato disastroso: attese di ore per riuscire a entrare nell’app IO, procedura che si interrompeva senza essersi conclusa, almeno un paio di giorni prima che la situazione si stabilizzasse; la cosa più grave è che, siccome la stragrande maggioranza degli utenti ha usato lo SPID di Poste per provare a entrare nell’app IO e questo ha collassato, si è creato un blocco della maggior parte degli accessi a quelle pubbliche amministrazioni che hanno adottato SPID come unico sistema di accesso[1].
Subito dopo, l’ennesimo disservizio è stato liquidato come un inevitabile disguido di poco conto, come se reggere qualche centinaio di migliaia di accessi fosse un’impresa impossibile, e qualcuno ha subito parlato di “successo” dell’iniziativa, per il fatto che fossero state scaricate quattro milioni di app IO.
Comunque, conclusa la fase sperimentale del cashback di Natale è possibile tracciare un primo bilancio dell’operazione sulla base dei dati pubblicati sul sito dell’app IO.
Innanzitutto, dopo l’exploit dell’8 dicembre, con l’avvio del cashback, il numero di volte in cui l’app IO è stata scaricata è crollato, e, ad oggi, non ha ancora raggiunto i 10 milioni di download: peraltro il fatto che sia stata scaricata non significa che sia utilizzata, poiché ancor più velocemente una app può essere disinstallata. Se poi si passa a vedere quanti hanno aderito al programma cashback di Natale, si può verificare che il numero di persone che ha effettuato almeno una transazione valida è di 4.636.977, mentre quelli che hanno effettuato almeno le 10 transazioni valide necessarie per ottenere il rimborso è di 3.240.981: numeri decisamente risicati se si considera che secondo una indagine di Banca d’Italia gli strumenti di pagamento alternativi al contante sono presenti nell’80% delle famiglie italiane e tra carte di debito, di credito e prepagate sono in circolazione più di cento milioni di strumenti di pagamento elettronico. Né sembra che il livello di adesione alla procedura di cashback sia destinata a cambiare in maniera considerevole, se i dati relativi al 2021 registrano un incremento di non più di 30.000 nuove adesioni al giorno.
Ma l’aspetto più grave è che, sempre secondo Banca d’Italia, gli strumenti di pagamento elettronico sono distribuiti in misura proporzionale al reddito, al livello di istruzione, allo stato di occupazione, nonché maggiormente diffusi nelle regioni settentrionali rispetto al meridione.
Ora, i dati sull’adesione all’iniziativa fanno pensare che la maggior parte degli aderenti siano in realtà persone che già abitualmente utilizzano strumenti di pagamento elettronico in luogo del contante; inoltre, visto che più della metà degli acquisti avviene attraverso la grande distribuzione, l’impatto della misura sulla riduzione dell’evasione fiscale e dell’utilizzo del contante appare decisamente irrilevante.
Se si considera, infine, che a tale iniziativa sono state destinate risorse spropositate, per 4,75 miliardi di euro per il 2021 e 2022, appare quanto mai auspicabile un ripensamento dell’iniziativa.
[1] Anche da queste vicende si può avere una idea di quello che potrebbe succedere se davvero SPID diventasse mai il sistema unico di accesso ai servizi online delle pubbliche amministrazioni.
Scritto da: Comma22Lotteria degli scontrini al via dal primo febbraio: verso l’ennesimo flop?
Uno spot che pubblicizza il cashback, il rimborso del 10% degli acquisti con strumenti di pagamento elettronici, da dicembre scorso promuove anche la lotteria degli scontrini: “e dal 2021 partecipi anche alla lotteria degli scontrini”. Per poter pubblicizzare la lotteria, il legislatore ha previsto una apposita norma di deroga al divieto di pubblicità per giochi e scommesse.
In realtà, la lotteria degli scontrini non c’entra niente con il cashback: nonostante lo spot abbia generato l’idea che basti partecipare al cashback per partecipare anche alla lotteria degli scontrini, si tratta di due procedure completamente diverse, gestite da soggetti diversi con adempimenti diversi. Apparentemente, la procedura per partecipare alla lotteria degli scontrini sembra più semplice: basta inserire nel sito predisposto dall’Agenzia delle Dogane il proprio codice fiscale e si ottiene un codice lotteria da esibire a ogni acquisto con moneta elettronica (carte di debito o credito, app di pagamento).
Prima cosa incomprensibile: perché non è stata prevista una procedura unica con il cashback, dato che il presupposto di entrambe le iniziative è l’utilizzo di moneta elettronica? Il passaggio attraverso il codice lotteria viene motivato con l’esigenza di impedire il tracciamento degli acquisti, esigenza, invece, non considerata per il cashback.
La procedura per acquisire il codice lotteria è aperta da due mesi, ma sul sito dell’Agenzia delle Dogane non è presente alcun contatore del numero di codici fiscali inseriti, così, al momento, non è possibile fare previsioni sul successo dell’iniziativa, che va misurata in prospettiva con l’incremento dell’emissione di scontrini fiscali da parte degli esercenti. Certo è che, come è stato giustamente osservato, condizione per il successo di analoghe iniziative già sperimentate in altri paesi, è la semplicità della procedura: i paesi che hanno registrato i migliori risultati hanno scelto meccanismi molto semplici, tipo gratta e vinci, mentre quella adottata da noi prevede un ulteriore passaggio per l’acquirente, che deve esibire il codice lotteria, e per l’esercente, che lo deve scansionare o inserire manualmente sul registratore di cassa.
Per di più, nonostante l’ultimo rinvio al primo febbraio 2021, Confcommercio e Confesercenti denunciano come gran parte degli esercenti non abbiano ancora adeguato i registratori di cassa, per i costi elevati in periodo di pandemia.
La perla finale sulla procedura è l’alternatività tra inserimento del codice fiscale e inserimento del codice lotteria per gli acquisti detraibili in sede di dichiarazione dei redditi, che fa parlare qualcuno di “dilemma spese mediche: meglio la detrazione sicura o tentare la vincita?”
Roba da matti.
Il Comune di Roma non chiede più i certificati: la denuncia di Comma 22 ha ottenuto questo risultato
Finalmente il Comune di Roma si adegua alla legge che vieta alle pubbliche amministrazioni di chiedere certificati.
Come avevamo denunciato nel 2019, il Comune di Roma, per la procedura di iscrizione alla Scuola dell’infanzia Capitolina per l’anno scolastico 2019/2020, nel caso in cui il bambino per l’anno scolastico 2018/2019 frequentasse una scuola dell’infanzia paritaria o statale, ai genitori veniva richiesto il “certificato di frequenza”.
Nonostante la nostra denuncia, anche nella procedura di iscrizione alla Scuola dell’infanzia Capitolina per l’anno scolastico 2020/2021, il Comune di Roma manteneva tale illegittima disposizione, sicché siamo stati costretti come associazione Comma 22 a presentare un esposto all’autorità giudiziaria per violazione dei doveri d’ufficio.
A seguito del nostro esposto all’autorità giudiziaria, finalmente, nella procedura di iscrizione alla Scuola dell’infanzia Capitolina per l’anno scolastico 2021/2022, il Comune di Roma si è adeguato alla legge 241, prevedendo, nel caso di frequenza nell’anno scolastico in corso di una Scuola dell’Infanzia capitolina, statale, paritaria o di altro comune, la semplice indicazione nella domanda dei dati identificativi dell’Istituto frequentato.
Rimane l’amarezza di dover rivolgersi all’autorità giudiziaria per ottenere il rispetto di un diritto elementare affermato da anni nella legge.
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