No alla riforma dello SPID, Governo ostaggio degli identity provider

Di Comma22 | 17 Febbraio, 2020

No alla riforma dello SPID, Governo ostaggio degli identity provider

Categoria: News

 

Come era facilmente prevedibile, neppure con il decreto milleproroghe si è realizzato il superamento di SPID, annunciato il 6 settembre scorso dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel discorso di insediamento.

In realtà c’è stato un momento nel quale la riforma si è concretizzata per la prima volta in un emendamento del Governo, non più soltanto del Movimento 5 Stelle, subito ritirato. Peraltro, la formulazione dell’emendamento lasciava sperare finalmente in una definizione univoca delle procedure di identificazione digitale basata sulla carta di identità elettronica (CIE), superando così, in un solo colpo, lo SPID e la carta nazionale dei servizi (CNS).

La motivazione dell’opposizione, in primo luogo dei deputati renziani, è stata, ancora una volta, che così si metterebbero “a rischio gli investimenti fatti finora dagli identity provider”. Identity provider, ai quali andrebbe, ancora una volta ricordato che cosa è successo in questi quattro anni:

gli operatori impugnarono, di fronte al TAR, il primo DPCM che limitava sostanzialmente a Poste Italiane la possibilità di diventare identity provider;

avevano deciso, infatti, di di investire su SPID, valutando, erroneamente, che ci sarebbe stato un possibile mercato degli accessi ai servizi privati;

a quattro anni dal lancio di SPID, l’errore di valutazione è stato pienamente confermato.